Per le Sezioni Unite è valido il mutuo fondiario che supera il limite di finanziabilità

Provvedimento

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione respingono la tesi della nullità del mutuo fondiario per superamento del limite di finanziabilità.

Con la sentenza n. 33716 depositata il 16 novembre 2022, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno posto fine alla diatriba relativa alla possibile nullità del mutuo fondiario, nel caso in cui risulti superato il limite di finanziabilità previsto dall’art. 38 comma 2 del Testo Unico Bancario, pari all’80% del valore del bene immobile concesso a garanzia ipotecaria del finanziamento. Le ragioni di tale decisione vengono di seguito sintetizzate.

La Suprema Corte ha evidenziato come la assenza, pacifica, di una ipotesi di nullità testuale, in un settore che risulta invece ricco di ipotesi di nullità negoziale esplicitamente previste per la violazione di specifiche norme di settore, di per sé costituisce elemento determinante al fine di escludere che ricorra una ipotesi di nullità.

La Corte ha comunque affrontato la tesi della nullità virtuale fondata su violazione di norma imperativa. A tal fine ha approfondito la natura della norma che stabilisce il limite di finanziabilità, giungendo alla conclusione che essa non è norma imperativa. Infatti tale previsione è finalizzata al contenimento del rischio inerente alla concessione del credito, in un’ottica di vilanza prudenziale, e concerne pertanto il rapporto della banca con il proprio organismo di vigilanza, senza che le conseguenze disciplinari delle condotte difformi delle banche  si trasferiscano sul piano del rapporto negoziale. La nullità del contratto, peraltro, andrebbe a ledere proprio l’interesse che la norma mira a tutelare, il che dimostra che tale conseguenza è incompatibile con la ratio legis.

La Corte ha evidenziato la assenza di criteri legali idonei a individuare oggettivamente i casi di violazione del limite. La nullità del contratto per violazione di norme di fattispecie o di struttura negoziale è predicabile solo se essa sia immediatamente percepibile dal testo contrattuale. Al contrario, il valore del bene ipotecato – la cui indicazione non è neppure elemento essenziale del contratto – dovrebbe essere determinato in sede di giudizio sulla base di una complessa valutazione tecnica, per sua natura opinabile, effettuata ex post ma riferita al momento della conclusione del contratto,  senza alcun univoco riferimento al valore di riferimento (“di mercato”, “cauzionale” o “di realizzo”).

Conseguentemente, viene evidenziato il rischio di minare la sicurezza dei traffici e di esporre il contratto a intollerabili incertezze, essendo sempre possibile ipotizzare che il valore immobiliare, pur oggetto di iniziale perizia, possa essere stato inconsapevolmente sopravvalutato.

Ha infine evidenziato come tale norma non sia dettata a tutela del cliente, il quale non subisce alcun pregiudizio dalla stipulazione di un mutuo esondante, essendo l’adeguatezza della garanzia posta ad esclusivo interesse del finanziatore.

Dalla esclusione della natura imperativa della norma, consegue il venir meno della necessità di esplorare la problematica della riqualificabilità del mutuo fondiario, quale mutuo ordinario, al fine di preservarne la validità. Infatti la questione della riqualificazione del contratto rileva, ai sensi della conversione prevista dall’art. 1424 c.c., solo se si verta in ipotesi di nullità del contratto originariamente stipulato. Ma se il contratto è valido, non è possibile riqualificarlo (al fine di escluderne certi effetti) quando risulti che i contraenti abbiano inteso stipulare un mutuo fondiario corrispondente al modello legale. In tale senso, pertanto, la autonomia negoziale delle parti non è violabile.

Il mutuo fondiario eccedente il limite di finanziabilità è dunque valido e parimenti valida è la accessoria garanzia ipotecaria nonché tutti gli ulteriori privilegi connessi alla fondiarietà.

Viene dunque enunciato il seguente principio di diritto: «In tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità di cui all’art. 38, secondo comma, del d.lgs. n. 385 del 1993, non è elemento essenziale del contenuto del contratto, non trattandosi di norma determinativa del contenuto del contratto o posta a presidio della validità dello stesso, ma di un elemento meramente specificativo o integrativo dell’oggetto del contratto; non integra norma imperativa la disposizione – qual è quella con la quale il legislatore ha demandato all’Autorità di vigilanza sul sistema bancario di fissare il limite di finanziabilità nell’ambito della «vigilanza prudenziale» (cfr. articoli 51 ss. e 53 t.u.b.) – la cui violazione, se posta a fondamento della nullità (e del travolgimento) del contratto (nella specie, del mutuo ormai erogato cui dovrebbe conseguire anche il venir meno della connessa garanzia ipotecaria), condurrebbe al risultato di pregiudicare proprio l’interesse che la norma intendeva proteggere, che è quello alla stabilità patrimoniale della banca e al contenimento dei rischi nella concessione del credito».

La Corte ha con l’occasione ribadito alcuni ulteriori principi generali di capitale importanza in tema di finanziamenti:

  • la piena validità e liceità del mutuo (anche fondiario) finalizzato a sanare debiti pregressi;
  • la piena validità e liceità di atti negoziali eventualmente compiuti in pregiudizio di terzi (per abusiva erogazione del credito in frode ai creditori), essendo la tutela della par condicio creditorum affidata a diversi istituti (il riferimento implicito è evidentemente alla inefficacia conseguente all’azione revocatoria);
  • la necessità, ai fini della tutela risarcitoria spettante al soggetto finanziato o ai terzi, che l’eventuale dolosa o colposa concessione di finanziamento  sia stato causa determinante delle conseguenze dannose.

Scarica la sentenza : Cassazione SSUU 33719/2022.

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