Le Sezioni Unite sanciscono la legittimità del mutuo c.d. solutorio
Le Sezioni Unite sanciscono la legittimità del mutuo c.d. solutorio
Avv. Alice Schiavon
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite è intervenuta con la sentenza n. 5841 del 5 marzo 2025, qui in commento, a dirimere il contrasto giurisprudenziale in tema di validità del mutuo c.d. solutorio, vale a dire utilizzato dal mutuatario per ripianare precedenti passività nei confronti dello stesso istituto di credito mutuante, confermando l’orientamento ampiamente maggioritario della giurisprudenza che ne riconosceva la validità e la sua natura di titolo esecutivo.
La Suprema Corte riconosce che il requisito della acquisizione della disponibilità giuridica della somma (c.d. traditio) deve ritenersi soddisfatto dall’accredito della somma sul conto corrente del mutuatario, a nulla rilevando che lo stesso conto corrente presenti un saldo attivo o passivo al momento dell’accredito. Parimenti tale disponibilità è realizzata tramite la contestuale operazione di giroconto – che non richiede necessariamente un distanziamento temporale – con cui si vada ad estinguere le pregresse passività.
Le Sezioni Unite avvalorano l’orientamento già espresso dalla recente giurisprudenza (cfr. Cass. n. 23149 del 2022) secondo cui la circostanza che l’operazione si risolva in una mera annotazione contabile, o “operazione di giro”, non autorizza a ritenere che tale operazione sia fittizia o solo apparente, considerato che, in epoca di moneta elettronica, spesso qualsiasi atto solutorio si riduce ad una “mera partita contabile”.
Con l’accredito della somma, il mutuo deve ritenersi, pertanto, perfettamente concluso, e la disponibilità della somma deve considerarsi effettivamente conseguita dal mutuatario, a prescindere dal successivo (anche se cronologicamente contestuale) impiego delle somme a ripianamento di passività, “la cui destinazione è manifestazione di un differente interesse che sorregge un atto ulteriore, autonomo benché ovviamente dipendente dal primo, in quanto proprio dal primo reso possibile”.
Tale fattispecie – precisa la Corte – non ricade nel paradigma del mutuo di scopo, in quanto l’utilizzo delle somme non entra nel sinallagma contrattuale e non assume rilevanza sul piano causale: al contrario, esso si colloca interamente su un momento ulteriore e distinto, benché presupponga l’effettivo spostamento di denaro.
Per questo le Sezioni Unite ritengono che il mutuo destinato ad estinguere passività preesistenti non possa essere configurato quale pactum de non petendo ad tempus (come ritenuto da Cass., sez. 1, ord. 20896 del 5/8/2019), vale a dire una mera rinegoziazione dei termini di pagamento dell’obbligazione preesistente. Al contrario, esso sortisce un effettivo spostamento di denaro, percepibile nella sfera economica del mutuante e del mutuatario, che costituisce il presupposto per il successivo impiego del denaro ad estinguere il debito preesistente.
Non sussistono ragioni – pertanto – che possano giustificare una aprioristica stigmatizzazione dell’operazione in termini di nullità negoziale: eventuali profili di “frode ai creditori” o “pagamento anomalo” rileveranno eventualmente sotto il profilo dell’efficacia (a mezzo esperimento di azioni revocatorie ordinarie o fallimentari) ovvero sotto il profilo della tutela risarcitoria, ove ve ne siano i presupposti. Infatti, come ormai più volte ribadito con orientamento di legittimità che deve dirsi dunque consolidato, gli atti negoziali pregiudizievoli nei confronti dei terzi (ad es. per abusiva concessione di credito o in frode ai creditori) non sono illeciti né altrimenti nulli, ferma restando la tutela risarcitoria nei casi di colpevole concorso dell’ente mutuante nel dissesto del cliente finanziato.
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