Le conseguenze della violazione del limite di fondiarietà ex art. 38 TUB

Le conseguenze della violazione del limite di fondiarietà ex art. 38 TUB

Avv. Arianna Biasi  Avv. Arianna Biasi – 1 febbraio 2023

L’art. 38 comma 2 del Testo Unico Bancario (D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385) stabilisce che la Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, determina l’ammontare massimo dei finanziamenti fondiari, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi. La delibera del CICR del 22 aprile 1995 stabilisce che tale ammontare massimo è pari all’80 per cento del valore dei beni ipotecati, percentuale che può essere elevata fino al 100 per cento qualora vengano prestate garanzie integrative.

In assenza di una specifica previsione normativa, ci si è interrogati sulle conseguenze della violazione del limite massimo dell’ammontare del finanziamento fondiario.

Un primo orientamento giurisprudenziale ha avuto origine con due sentenze gemelle della Suprema Corte di Cassazione (Cass. n. 26672/2013 e Cass. n. 27380/2013) le quali hanno statuito che, in ipotesi di erogazione di un mutuo fondiario in violazione del limite di cui all’art. 38, comma 2 t.u.b., il mutuo deve ritenersi pienamente valido ed efficace e, soprattutto, mantenga la caratteristica della fondiarietà, con ogni conseguente beneficio (quale il “consolidamento” dell’ipoteca in dieci giorni ai fini dell’azione revocatoria, la possibilità di introdurre o proseguire una procedura esecutiva individuale anche in corso di fallimento del mutuatario, l’esclusione da revocatoria fallimentare dei pagamenti effettuati dal debitore). Le uniche (ma soltanto eventuali) conseguenze scaturenti dal superamento del limite sono state circoscritte all’irrogazione di sanzioni amministrative previste dalla disciplina del settore bancario e alla configurazione di un’eventuale responsabilità risarcitoria della banca mutuante, laddove ne sussistano i presupposti. Tali decisioni hanno, infatti, in primo luogo escluso che la delibera del CICR del 22 aprile 1995 costituisca applicazione dell’art. 117, comma 8 TUB, norma che prevede le ipotesi di nullità testuale dei contratti bancari. La Corte ha inoltre negato che la fattispecie potesse essere sussunta nel perimetro della nullità virtuale.

Un secondo orientamento, di contenuto diametralmente opposto rispetto al primo, ha avuto inizio con la sentenza Cass. n. 17352/2017 ed è stato confermato da numerose successive pronunce (Cass. nn. 19015/2017, 19016/2017, 6586/2018, 9079/2018, 11201/2018, 11543/2018, 13285/2018, 13286/2018, 20052/2018, 22466/2018, 29745/2018, 1193/2020 e, da ultimo, 16776/2021). Tale orientamento afferma la nullità integrale del mutuo fondiario concesso oltre il limite di cui all’art. 38 TUB, per violazione di una norma imperativa ai sensi dell’art. 1418, comma 1., cod. civ. In estrema sintesi la Suprema Corte, non condividendo l’impostazione per cui il rispetto della soglia di vigilanza del credito fondiario costituirebbe un mero affare privato che interesserebbe unicamente le parti contraenti, ovvero avrebbe solo rilevanza verso l’organo di vigilanza, ha stabilito – anche sulla scorta di quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 175/2004 – che lo scopo sotteso all’art. 38, comma 2., TUB è quello di tutelare interessi pubblici economici, ovvero “risponde a una necessità di analitica regolamentazione dettata da obiettivi economici generali (…) attesa la ripercussione che tali tipologie di finanziamenti possono avere sull’economia nazionale”, di talché la soglia di vigilanza si pone come limite inderogabile dall’autonomia privata. Alcune pronunce successive, pur recependo tale impostazione, hanno tuttavia ritenuto possibile, sussistendone i presupposti, la conversione del mutuo fondiario in mutuo ordinario, ai sensi dell’art. 1424 c.c. (si veda, ad esempio, Cass. 6586/2018), con conseguente salvezza sia della validità del contratto (pur senza i benefici derivanti dalla fondiarietà), sia della garanzia ipotecaria.

Il terzo orientamento, cui ha dato vita una parte della giurisprudenza di merito poi confermata anche da alcune pronunce della Corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 7509/2022), propendeva invece per la mera riqualificazione, ad opera del giudice, del mutuo fondiario eccedente il limite di cui all’art. 38 co. 2 TUB, in mutuo ordinario al quale, conseguentemente, non potrà applicarsi la disciplina speciale fondiaria di cui agli artt. 39 ss. TUB. In altre parole, la violazione del limite di fondiarietà comporterebbe non la nullità con conseguente possibile conversione, bensì unicamente la riqualificazione dell’intera operazione creditizia, che da “fondiaria” degrada ad “ordinaria” e alla quale, di conseguenza, non potranno che applicarsi le norme comuni previste dal codice civile e dalla legge fallimentare.

A fronte di tale pluralità di orientamenti discordanti, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 4117 del 2022, ha investito le Sezioni Unite della questione di massima di particolare importanza riguardante le conseguenze derivanti dal superamento nel mutuo fondiario di limiti di finanziabilità previsti dall’art. 38 TUB. Le Sezioni Unite hanno risolto il conflitto giurisprudenziale con sentenza del 16 novembre 2022, n. 33719.

Le S.U. hanno innanzitutto escluso la possibilità di configurare una ipotesi di nullità testuale del contratto per superamento del limite massimo di finanziabilità, in mancanza di una espressa previsione normativa in tal senso, certamente non riscontrabile nell’art. 117, ottavo comma, T.U.B.

La Suprema Corte ha poi analiticamente esaminato la possibilità di individuare una ipotesi di nullità virtuale, escludendola: attraverso una dettagliata analisi della normativa vigente, la Corte ha innanzitutto evidenziato che la scelta compiuta dal legislatore è finalizzata a favorire la mobilizzazione della proprietà immobiliare, ampliando la possibilità di far ricorso al finanziamento bancario, contemperando però tale esigenza con la necessità di contenere il rischio per le banche erogatrici a tutela della loro stabilità finanziaria e di quella dell’intero sistema bancario. Le Sezioni Unite hanno però escluso la natura pubblicistica dell’interesse protetto e l’imperatività della norma violata, che non è costituita da una fonte primaria, ma da una fonte secondaria (qual è il provvedimento della Banca d’Italia). La Corte ha inoltre rilevato che la previsione del limite di finanziabilità non incide sul sinallagma contrattuale, limitandosi a disciplinare, attraverso una regola di buona condotta, il comportamento della banca per tutelarne la stabilità patrimoniale. D’altro lato, il rispetto del limite di finanziamento non è circostanza evincibile dal contratto, posto che l’indicazione del valore del bene offerto in garanzia non costituisce requisito di forma del contratto e, anzi, la verifica del valore del cespite può avvenire in concreto solo attraverso valutazioni estimatorie che presentano ampi margini di opinabilità. Inoltre la Corte ha posto in evidenza che la sanzione della nullità si porrebbe in contrasto proprio con l’interesse che la norma intende tutelare, con il paradossale risultato di pregiudicare ancora di più la stabilità patrimoniale della banca che la norma intende proteggere, a fronte di uno sproporzionato vantaggio per il mutuatario (il quale, per effetto della nullità, non sarebbe tenuto al versamento degli interessi ed altri oneri previsti nel contratto). Alla luce di tali considerazioni, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno espresso il primo principio di diritto, statuendo che il limite di finanziabilità di cui all’art. 38 TUB non è elemento essenziale del contratto, ma elemento meramente specificativo o integrativo dell’oggetto del contratto, e che la disposizione con la quale il legislatore ha demandato all’Autorità di vigilanza sul sistema bancario di fissare il limite di finanziabilità nell’ambito della vigilanza prudenziale non integra norma imperativa.

Va segnalato che, nella motivazione della sentenza volta ad escludere la configurabilità di una nullità anche parziale, la Corte ha altresì fornito alcune importanti conferme in ordine a principi già espressi in tema di mutuo fondiario: in primis che il mutuo fondiario non è mutuo di scopo, poiché la destinazione della somma mutuata a determinate finalità pubbliche non ne costituisce è elemento essenziale, ed, inoltre, che il mutuo fondiario può essere validamente finalizzato anche a sanare debiti pregressi.

Nella seconda parte della sentenza le Sezioni Unite hanno esaminato la possibilità, prospettata dall’ordinanza interlocutoria, di riqualificazione del contratto alla stregua di un mutuo ipotecario ordinario, prescindendo dal nomen iuris utilizzato dalle parti e “sterilizzando” il contratto delle tutele speciali previste dalla legge in favore del mutuante. La Suprema Corte ha categoricamente escluso tale possibilità, valorizzando il ruolo dell’autonomia contrattuale delle parti. Infatti, pur non essendo il Giudice vincolato alla qualificazione del contratto data dalle parti, se esse concludono un mutuo fondiario “sussistendone le caratteristiche essenziali identificative, col deliberato proposito di regolare il rapporto secondo la pertinente disciplina, il giudice, in via di principio, non può disattendere la loro qualificazione a favore di una qualificazione anche parzialmente diversa ritenuta più adeguata secondo parametri normativi astratti, a meno che la stessa qualificazione non sia specificamente contestata in giudizio”.  Secondo la Corte, infatti, “contestare la validità di un negozio per contrasto con le norme che lo disciplinano non significa contestare, ma riconoscere la qualificazione secondo il tipo o sottotipo di riferimento”. Il principio di diritto espresso impedisce pertanto al Giudice di riqualificare d’ufficio il contratto al fine di neutralizzarne gli effetti propri del tipo prescelto (nel caso di specie i benefici fondiari), anche se in presenza di una contestazione della sua validità sotto il profilo del superamento del limite di finanziabilità, la quale implicitamente postula la corretta qualificazione del contratto in termini di mutuo fondiario.

In conclusione, le Sezioni Unite hanno confermato la validità del mutuo fondiario concesso in violazione del limite di fondiarietà ex art. 38 TUB, così escludendone sia la necessità di una conversione, sia la possibilità di riqualificazione d’ufficio in mutuo ordinario. Tale statuizione è supportata da un solido iter argomentativo, ed appare la più coerente con la ratio della normativa sul credito fondiario, volta a garantire la stabilità del sistema bancario, e improntata altresì alla tutela dell’autonomia negoziale.

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